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- L'Italia potrebbe ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche di quasi un terzo con un investimento di 1,2 miliardi di euro.
- Attualmente, 56% delle materie prime critiche importate nell'UE proviene dalla Cina, con un investimento europeo di 2,7 miliardi di euro rispetto ai 14,7 miliardi di euro della Cina.
- Solo il 4,3% degli impianti italiani è accreditato per il recupero e trattamento dei RAEE, evidenziando la necessità di migliorare le infrastrutture.
Nel contesto attuale, l’Italia si trova di fronte a una sfida cruciale: ridurre la dipendenza dall’estero per le materie prime critiche. Al centro di questa attenzione c’è stato l’evento “La road map italiana per le materie prime critiche”, promosso da Iren, nel quale è stato svelato uno studio del TEHA Group. Secondo le analisi, con un investimento di 1,2 miliardi di euro, l’Italia potrebbe ridurre la propria dipendenza di quasi un terzo, generando un valore aggiunto di oltre 6 miliardi di euro per la filiera entro il 2040. L’indipendenza dalle materie prime critiche non è solo una questione economica, ma anche strategica, poiché queste risorse sono fondamentali per lo sviluppo industriale e tecnologico del paese.
Un problema europeo e globale
La dipendenza dalle materie prime critiche non è un problema esclusivamente italiano, ma riguarda l’intera Europa. Attualmente, il 56% delle materie prime critiche importate nell’UE proviene dalla Cina, evidenziando un divario significativo negli investimenti tra Europa e Cina. Nel 2023, l’Europa ha investito 2,7 miliardi di euro nel settore, mentre la Cina ha destinato 14,7 miliardi di euro. Questo squilibrio rappresenta una vulnerabilità per l’Europa, che deve affrontare la sfida di ridurre la propria dipendenza esterna per garantire la sicurezza delle sue filiere produttive.
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Strategie per un futuro sostenibile
Lo studio di Iren delinea un percorso di sviluppo per l’Italia, dove le materie prime critiche sono già un elemento chiave per la competitività nazionale, contribuendo a 690 miliardi di euro di produzione industriale, pari al 32% del PIL italiano. Per rafforzare e migliorare la forza competitiva dell’industria, sono state delineate quattro strategie principali: l’esplorazione mineraria, la creazione di collaborazioni con nazioni africane, il perfezionamento e il trattamento, e il riciclo dei materiali e l’impiego di materie prime riciclate. Fondamentale sarà anche lo sviluppo dell’economia circolare e dei processi di urban mining, che potrebbero ridurre la dipendenza dall’estero e valorizzare il potenziale delle materie prime seconde.
Un nuovo paradigma di sostenibilità
L’Italia è chiamata a investire sulla capacità impiantistica e sulla realizzazione di nuovi impianti per il recupero e il trattamento delle materie prime critiche. Attualmente, solo il 4,3% degli impianti italiani è accreditato per il recupero e trattamento dei RAEE, un dato che evidenzia la necessità di potenziare le infrastrutture esistenti. Iren si pone come apripista in questo percorso, con la creazione della piattaforma RigeneRare e l’inaugurazione di un innovativo impianto in Valdarno per il trattamento dei RAEE. L’obiettivo è quello di incrementare i volumi di RAEE raccolti e incentivare l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali, contribuendo così a disegnare un nuovo paradigma di sostenibilità e indipendenza per l’Italia.
Conclusioni: verso una consapevolezza collettiva
Nel contesto della difesa dei consumatori e dell’economia circolare, è essenziale comprendere l’importanza di ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche. Ogni cittadino può contribuire a questo cambiamento attraverso scelte consapevoli e sostenibili, come il corretto smaltimento dei RAEE e l’acquisto di prodotti realizzati con materie prime seconde. A livello avanzato, è fondamentale promuovere politiche che incentivino la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative per il recupero e il trattamento delle materie prime critiche. Riflettendo su questi temi, possiamo immaginare un futuro in cui l’Italia non solo riduce la sua dipendenza dall’estero, ma diventa un modello di sostenibilità e innovazione per l’intera Europa.