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- Il governo prevede di ottenere circa 1% del PIL, pari a 20 miliardi di euro, dalle privatizzazioni entro il 2026.
- Le esperienze passate mostrano che gli obiettivi di privatizzazione sono stati raramente raggiunti, con solo il 0,4% del PIL centrato nel 2015.
- La vendita di ITA Airways e Monte dei Paschi di Siena potrebbe rendere complessivamente poco più di 2 miliardi di euro, un decimo dell'obiettivo previsto.
Nel fine settimana, il governo italiano ha pubblicato la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF), un documento cruciale che aggiorna le previsioni economiche del paese. Questo documento, redatto annualmente, offre una panoramica delle intenzioni economiche del governo, delineando le misure previste e il contesto economico in cui si opererà. Tra le varie informazioni contenute nella NADEF, spicca un dato eccezionale: il governo prevede di ottenere circa l’1% del PIL, pari a 20 miliardi di euro, dalle privatizzazioni entro il 2026. Questo obiettivo, considerato da molti osservatori come irrealistico, implica la vendita di una parte significativa delle aziende pubbliche in un breve lasso di tempo.
La questione delle privatizzazioni ha sempre esercitato una forte attrazione sui governi, in quanto i ricavi ottenuti devono essere impiegati per diminuire il debito pubblico. Le regole europee sui conti pubblici impongono agli stati con un alto debito, come l’Italia, di impegnarsi in un percorso credibile e costante di riduzione del debito. Le privatizzazioni rappresentano una scorciatoia per raggiungere questo obiettivo, evitando politiche impopolari come la riduzione della spesa pubblica o l’introduzione di nuove tasse. Tuttavia, gli economisti esprimono perplessità sulla credibilità di questo obiettivo, principalmente per tre motivi: la mancanza di un piano concreto, il fallimento di precedenti piani di privatizzazione e la scarsità di aziende pronte per la vendita.
Le sfide delle privatizzazioni
Il governo Meloni si trova di fronte a numerose sfide nel tentativo di raggiungere l’ambizioso obiettivo di 20 miliardi di euro dalle privatizzazioni entro il 2026. Al momento, non esiste un piano concreto su quali aziende vendere e a quale prezzo. Anzi, il governo sembra muoversi nella direzione opposta, acquisendo partecipazioni in aziende come TIM, di cui ha recentemente acquistato il 20% della rete.
Le esperienze passate dimostrano che gli ambiziosi piani di privatizzazione sono spesso disattesi. Nel 2019, il governo Conte aveva previsto privatizzazioni per l’1% del PIL, ma non ne fu realizzata nessuna. Anche negli anni precedenti, gli obiettivi di privatizzazione non furono quasi mai raggiunti. Soltanto nel 2015, il traguardo dello 0,4% del PIL fu centrato grazie all’offerta pubblica di Poste Italiane e alla dismissione delle quote di partecipazione statale in Enel. Dal 2017 in poi, inoltre, le entrate da privatizzazioni sono state pressoché nulle.
Attualmente, ci sono due operazioni che il governo Meloni potrebbe realisticamente concludere: la vendita di ITA Airways e quella di Monte dei Paschi di Siena (MPS). La vendita di ITA Airways, per una quota del 41%, è attualmente in attesa dell’approvazione della Commissione europea, mentre la vendita di MPS è ancora in una fase preliminare. Anche se queste operazioni venissero completate, il loro valore complessivo sarebbe di poco più di 2 miliardi di euro, un decimo rispetto all’obiettivo di 20 miliardi.
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Le aziende coinvolte e le difficoltà
Lo stato italiano detiene partecipazioni in numerose aziende, tra cui Enel, Eni, Poste Italiane, Leonardo, Enav, Ferrovie dello Stato, STMicroelectronics e Autostrade per l’Italia. Tuttavia, per numerose ragioni, è complicato ipotizzare che l’esecutivo possa decidere di alienarle nel prossimo futuro. Le partecipazioni in aziende energetiche come Enel e Eni hanno garantito buoni utili negli ultimi anni, rendendo improbabile una loro vendita. Inoltre, la crisi energetica dello scorso anno è ancora una questione calda nell’opinione pubblica, e l’esecutivo potrebbe voler salvaguardare la propria presenza in questo settore delicato.
Le partecipazioni in Poste Italiane e Ferrovie dello Stato potrebbero portare buoni incassi, ma sono settori che richiedono enormi capitali e conoscenze, con regole molto vincolanti. Leonardo, operante nel settore della difesa, è un’altra azienda che difficilmente verrà venduta, soprattutto in un periodo di tensioni internazionali. Autostrade per l’Italia è appena tornata sotto il controllo pubblico dopo il crollo del Ponte Morandi, rendendo improbabile una sua immediata privatizzazione. Infine, STMicroelectronics, un’azienda strategica nel settore dei semiconduttori, è coinvolta in una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, rendendo azzardata una sua vendita.
Il caso di Poste Italiane
Mercoledì scorso, le commissioni Trasporti e Bilancio della Camera hanno dato il loro parere favorevole al decreto che prevede la vendita di una parte delle quote azionarie di Poste Italiane possedute dal Ministero dell’Economia (MEF). L’obiettivo è ridurre il debito pubblico tramite i guadagni della vendita delle quote. Attualmente, lo Stato controlla il 64% del capitale sociale di Poste Italiane, con una partecipazione diretta del 29,26% e una quota indiretta del 35% tramite Cassa depositi e prestiti (CDP).
Il decreto prevede che la partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane non scenda al di sotto del 35% complessivo. Tuttavia, il governo non ha ancora chiarito quanto pensa di ricavare dall’operazione. Se si vendesse l’intera partecipazione direttamente detenuta dal MEF, il ricavato potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi di euro, ma è probabile che verrà messa sul mercato una quota inferiore.
Vendendo una parte cospicua delle quote di Poste Italiane di sua proprietà, il MEF incasserà meno dividendi. Nel 2023, il ministero ha ricavato 259 milioni di euro dai dividendi di Poste Italiane, e questo ricavo potrebbe crescere fino a circa 320 milioni di euro nel 2024. Sul piano strettamente contabile, l’operazione sarà in perdita, con una mancanza di circa 100 milioni di euro annui. Tuttavia, la riduzione del debito pubblico potrebbe essere valutata positivamente dai mercati e dagli investitori internazionali.
Bullet Executive Summary
In conclusione, il piano di privatizzazioni del governo Meloni è ambizioso e presenta numerose sfide. La mancanza di un piano concreto, il fallimento di precedenti tentativi e la scarsità di aziende pronte per la vendita rendono difficile raggiungere l’obiettivo di 20 miliardi di euro entro il 2026. Tuttavia, la riduzione del debito pubblico rimane una priorità per la finanza pubblica italiana.
Nozione base: La difesa dei consumatori è essenziale per garantire che le privatizzazioni non compromettano la qualità dei servizi pubblici. I consumatori devono essere consapevoli dei cambiamenti e delle implicazioni delle privatizzazioni, per poter esercitare i propri diritti e influenzare le decisioni politiche.
Nozione avanzata: L’economia circolare può offrire un’alternativa sostenibile alle privatizzazioni tradizionali. Promuovendo il riutilizzo e il riciclo delle risorse, l’economia circolare può ridurre la dipendenza dalle privatizzazioni per la riduzione del debito pubblico, creando al contempo nuove opportunità economiche e ambientali.
- Comunicato stampa ufficiale del Consiglio dei Ministri con informazioni sulla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF)
- Pagina ufficiale del Ministero dell'Economia e delle Finanze con la Nota di Aggiornamento al DEF 2023, contenente informazioni dettagliate sulle previsioni economiche e finanziarie del governo
- Documento ufficiale del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) contenente comunicati stampa e informazioni sulla gestione economica del Paese